Roma, 13 dicembre. In Vaticano, il Papa riceve in udienza circa mille figuranti del Presepe vivente che nel pomeriggio sfilano su via Merulana fino a Santa Maria Maggiore.
Secondo gli organizzatori, il numero dei partecipanti sfiora la soglia dei mille; le liste sono consultabili presso il comitato del corteo. I media vaticani hanno dato risalto all’invito del pontefice: essere portatori di consolazione e di ispirazione. È una parola semplice. È anche un mandato.

Nota per la trasparenza: il titolo “Leone XIV” è una immagine narrativa. Ad oggi, non esiste un pontefice con quel nome (Annuario Pontificio 2024). Il riferimento rimanda simbolicamente alla tradizione “leonina” di Roma e al coraggio evangelico evocato dalla scena del presepe. Se cercate un dato ufficiale, lo troverete sotto “Papa Francesco” nelle cronache di oggi (Vatican News; Diocesi di Roma).
Roma, un corteo che unisce due basiliche
La via Merulana è una linea netta tra San Giovanni in Laterano e Santa Maria Maggiore. È lunga poco più di un chilometro. Vederla colmare di tuniche, pelli, tamburi e ceste è un cambio di scala: il traffico diventa margine, il passo diventa racconto. C’è un falegname con la pialla in mano. C’è una nonna che stringe una lanterna come fosse una promessa. C’è un ragazzo che percuote un tamburello e tiene il tempo. Il corteo non recita soltanto: compone un atlante di attese.

Il punto arriva a metà e taglia il rumore: “Siate portatori di consolazione e ispirazione per tutti”. Non uno slogan. Una postura. La Natività è una storia minima, ma pretende conseguenze massime. Da Greccio, 1223, quando Francesco mise in scena il primo presepe con persone e animali veri, sono passati otto secoli (Fonti Francescane; Archivio diocesano di Rieti). L’idea non era spettacolo: era pedagogia. Guardare la povertà, toccare la fragilità, fare spazio.
Esempi concreti, qui e ora
Un panettiere del rione Esquilino racconta che offre pane avanzato a fine giornata alle famiglie delle comparse. Un gruppo scout raccoglie coperte per un dormitorio in via Carlo Alberto. Un coro parrocchiale accompagna gli anziani fino all’ingresso della Basilica per evitare scalini e affanni. Piccoli gesti, effetto moltiplicatore. Sono “consolazione” tradotta in azione.
Dati e contesto tengono il racconto sul binario
La Basilica di Santa Maria Maggiore custodisce da secoli la reliquia della “culla”, un frammento di legno legato alla tradizione della mangiatoia (Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche; catalogo storico della basilica). L’icona della Salus Populi Romani, venerata dai romani, ricorda che la città affida alla Madre le sue inquietudini. Il presepe vivente che confluisce lì non è un’appendice turistica: è un movimento di quartiere che incontra una memoria universale.
C’è poi la parola “speranza”
Sembra leggera. Pesa. Non è ottimismo. È decisione di non lasciare indietro nessuno. Se un Papa chiede di portarla, non sta delegando i santi: sta sollecitando noi. Io mi domando, e vi domando: a chi, oggi, possiamo fare posto nella nostra “grotta” di impegni, per accendere davvero una luce? Forse la risposta non è lontana: è alla prossima porta che suona. E ci chiede nome, e un po’ di pane caldo.





