Guarigioni, segni e potenza del Regno: come gli evangelisti raccontano l’azione di Gesù, tra teologia, simboli e storia
Dalle acque placate del lago di Galilea alla festa di Cana, dalla casa di Pietro a Cafarnao fino alla tomba di Lazzaro a Betania: i quattro Vangeli consegnano ai lettori un mosaico di episodi miracolosi che hanno segnato l’immaginario di secoli e la fede di milioni di persone.
Non un repertorio di prodigi fine a se stesso, ma un linguaggio attraverso cui gli evangelisti interpretano l’agire di Gesù come rivelazione del Regno di Dio. Le narrazioni, diverse per sensibilità e scelte redazionali, convergono nel presentare i miracoli come segni che chiamano alla fede e alla sequela, più che come esibizioni di potenza.
Le tipologie ricorrenti sono quattro, e descrivono altrettante dimensioni dell’impatto di Gesù sulla realtà: Guarigioni, Esorcismi, Miracoli sulla natura, e Risurrezioni. Queste azioni non solo mostrano la potenza divina ma anche la compassione e l’amore di Gesù per l’umanità.
Nei sinottici (Marco, Matteo e Luca), la narrazione enfatizza il contatto fisico, l’immediatezza del gesto, la compassione che precede l’azione. Marco, probabilmente il più antico, insiste sulla “potenza” (dynamis) che scaturisce da Gesù: la donna emorroissa è guarita “toccando” il suo mantello, mentre lo stesso Gesù avverte che una forza è uscita da lui. È il Vangelo del “segreto messianico”: Gesù spesso vieta di divulgare il miracolo, come a dire che l’evento straordinario non può sostituire la fede maturata nell’incontro personale e nella croce.
Andiamo avanti nel raccontare i Miracoli di Gesù Cristo. Matteo organizza il materiale con taglio catechetico e teologico. Nei capitoli 8-9 raccoglie una sequenza serrata di miracoli, alternandoli a richiami alla sequela, e collega i gesti di guarigione alle promesse profetiche: “Egli ha preso le nostre infermità e si è addossato le malattie”. La logica è quella del compimento: i prodigi attestano che nel ministero di Gesù le Scritture trovano la loro pienezza.
Luca, medico di formazione secondo la tradizione, accentua il tratto della misericordia e l’attenzione ai marginali. È il solo a raccontare la risurrezione del figlio della vedova di Nain e la guarigione dei dieci lebbrosi, dei quali solo un samaritano torna a ringraziare. Nei racconti lucani, il miracolo reintegra: chi è escluso dalle relazioni e dal culto viene restituito alla comunità. Non è solo salute fisica, ma ricucitura sociale e religiosa.
Il Vangelo di Giovanni adotta un’altra prospettiva. Qui non si parla tanto di “miracoli” quanto di “segni” (semeia), cioè atti che rimandano a un significato ulteriore, rivelando la gloria del Figlio e invitando a riconoscerlo. La tradizione individua sette segni principali prima della Pasqua: Cana (acqua in vino), guarigione del figlio dell’ufficiale, del paralitico alla piscina, moltiplicazione dei pani, cammino sulle acque, guarigione del cieco nato, risurrezione di Lazzaro. Ogni segno è accompagnato da un discorso o da un “Io sono” che ne svela la portata: il pane condiviso prepara l’autodefinizione “Io sono il pane della vita”; la luce ridonata al cieco conduce all’“Io sono la luce del mondo”. Giovanni non moltiplica episodi, ma scava nell’interpretazione, trasformando la cronaca in teologia.
Dal punto di vista letterario, gli studiosi notano che gli evangelisti modulano gli stessi temi in contesti diversi. La tempesta sedata nei sinottici, ad esempio, lega la paura dei discepoli al rimprovero di Gesù per la loro poca fede; il cieco di Gerico diventa figura del discepolo che “grida” contro ogni ostacolo e segue Gesù sulla via. La moltiplicazione dei pani — presente più volte in Matteo e Marco — è sia risposta concreta a una fame reale sia anticipo eucaristico, gesto di condivisione che fonda un’etica. La secca parola “Alzati e cammina” al paralitico è preceduta dal perdono dei peccati, segnalando l’unità tra salvezza interiore e guarigione.
Sul piano storico, le fonti canoniche offrono una trentina abbondante di episodi distinti. La varietà di luoghi — Cafarnao, Gerico, Betania, le campagne galilaiche, la stessa Gerusalemme — e di interlocutori (malati, poveri, capi sinagogali, ufficiali, donne senza nome) mostra un raggio d’azione capillare. Ma è costante la dinamica della fede: “La tua fede ti ha salvato”, ripete Gesù, spostando l’asse dalla curiosità al coinvolgimento personale. Non mancano resistenze e fraintendimenti: alcuni chiedono “un segno dal cielo”, e Gesù rifiuta la logica dello spettacolo.
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