Roma, Processione del Signore dei miracoli

Sfilano i viola della fede peruviana nel cuore della Capitale. La Processione del Signore dei Miracoli, una delle espressioni devozionali più popolari dell’America Latina, ha riunito a Roma fedeli di ogni età e provenienza.

Il corteo, guidato dall’immagine del Cristo crocifisso su un’anda riccamente adornata, è stato scandito dal passo cadenzato dei “cargadores” in abito viola, simbolo del cosiddetto “mes morado”, il mese di ottobre nel quale la comunità peruviana rinnova, in patria e nel mondo, il proprio voto di gratitudine e di penitenza.

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Roma, Processione del Signore dei miracoli (camminoneocatecumenale.it)

Il viola delle tuniche, la corda bianca in vita, i guanti e il fazzoletto sul petto: dettagli che raccontano una disciplina antica e un’appartenenza che va oltre l’etnia. Davanti all’immagine, le “sahumadoras” con i turiboli accesi tracciano nell’aria scie di resina e mirra; dietro, bande e cori alternano ritmi processionali e canti mariani. Sui lati, famiglie con bambini in braccio e anziani con rosari stretti tra le dita depositano petali di garofani e orchidee ai piedi dell’anda, mentre sventolano bandiere del Perù e dell’Italia. La processione procede a passo lento: ogni fermata diventa occasione di preghiera per i malati, per chi è lontano da casa, per i lavoratori delle cure e del servizio domestico, cuore silenzioso della diaspora latinoamericana in città.

La devozione al Señor de los Milagros affonda le radici nella Lima del XVII secolo. Una semplice immagine del Cristo crocifisso, dipinta da uno schiavo di origine africana su una parete di adobe nel quartiere di Pachacamilla, sopravvisse a una serie di terremoti che devastarono la capitale vicereale. Quel che apparve allora come un prodigio divenne il fulcro di una pietà popolare cresciuta nei secoli, fino a trasformarsi nella processione più imponente del mondo cattolico ispanoamericano. Oggi l’icona è venerata nel Santuario de Las Nazarenas, mentre le confraternite – le “Hermandades” – hanno portato il culto ovunque siano giunti i peruviani, da New York a Madrid, da Milano a Roma.

Nella Capitale la processione è coordinata dalla comunità peruviana con il coinvolgimento delle parrocchie di lingua spagnola e dei cappellani per i migranti. La cornice è quella delle vie limitrofe ai luoghi-simbolo della fede cattolica, dove il flusso di pellegrini si mescola spontaneamente ai romani incuriositi dai colori e dai profumi della festa. Le autorità cittadine presidiano incroci e attraversamenti, mentre volontari con pettorine viola regolano la fila e distribuiscono libretti di preghiera bilingue. L’andamento è ordinato, lo stile è comunitario: non uno spettacolo, ma un atto pubblico di fede, riconoscibile e integrato.

Tra fede e solidarietà

La dimensione spirituale si intreccia con l’impegno sociale. Nel contesto della giornata, gruppi di volontari raccolgono generi di prima necessità per famiglie in difficoltà, promuovono screening sanitari gratuiti e offrono informazioni su corsi di lingua e servizi di patronato. Alcuni stand, allestiti con discrezione, propongono dolci tradizionali come il turrón de Doña Pepa e bevande a base di chicha morada: il ricavato, spiegano gli organizzatori, sostiene progetti caritativi sia in Italia che in Perù, dalle mense per i senza dimora alle borse di studio per studenti meritevoli.

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Tra fede e solidarietà (camminoneocatecumenale.it)

Il momento liturgico, celebrato in spagnolo con letture e intenzioni anche in italiano, riconsegna alla città una preghiera universale: per la pace, per chi ha perso il lavoro, per i malati, per le vittime dei disastri naturali. Il celebrante richiama la forza mite del Crocifisso “che non spezza la canna incrinata”, invitando a trasformare la devozione in gesti quotidiani di misericordia. La partecipazione non è riservata ai peruviani: si notano gruppi ecuadoregni, boliviani, colombiani e fedeli romani che hanno fatto di questa giornata un appuntamento fisso del calendario cittadino, segno di un dialogo che la Chiesa di Roma incoraggia come esperienza di popolo e di prossimità.

Per molti la processione è un ponte. Riporta alla memoria il quartiere d’origine, la nonna che insegnava le prime preghiere, i profumi delle feste patronali; al tempo stesso diventa linguaggio condiviso, capace di far dialogare appartenenze diverse. Le seconde generazioni, ragazzi nati o cresciuti in Italia, indossano con naturalezza il viola dell’Hermandad e passano dalle Ave Maria in spagnolo a un Padre nostro in italiano senza esitazioni. Anche in questo sta la forza del Señor de los Milagros a Roma: custodire il tesoro delle radici senza rinunciare alla costruzione, passo dopo passo, di una casa comune.

Mentre il sole declina e l’anda riprende la via verso la chiesa di riferimento, Roma si lascia attraversare da una religiosità che non teme la strada. I commercianti davanti ai quali passa l’immagine abbassano per un attimo la serranda in segno di rispetto; i turisti si fermano a fotografare e a chiedere informazioni; i residenti, affacciati ai balconi, gettano manciate di petali. È l’ordito di una Capitale che, tra vicoli e basiliche, riconosce la pluralità delle sue voci e la incastona nel calendario dei suoi riti, con il viola che per un giorno diventa il colore della città.

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