Una giovane fedele in un tempo di persecuzioni, tra storia e leggenda: la Chiesa ricorda oggi Santa Pelagia, testimone di purezza e libertà interiore nella vivace Antiochia dei primi secoli.
La memoria liturgica di Santa Pelagia, vergine e martire di Antiochia, cade l’8 ottobre e riporta l’attenzione su una figura che, pur avvolta dal velo della tradizione, continua a parlare con forza al presente.

Il suo nome risuona nei martirologi antichi e nelle preghiere del popolo cristiano come il profilo di una giovane che, di fronte alla violenza del potere e alle insidie della cultura pagana, scelse di rimanere fedele a Cristo fino al sacrificio. Le fonti storiche, sobrie e frammentarie, insistono sulla sua giovinezza, sul voto di verginità e su un martirio maturato nel contesto delle persecuzioni dei primi secoli, verosimilmente tra la fine del III e l’inizio del IV secolo.
Antiochia, la città dove i discepoli furono chiamati per la prima volta “cristiani”, è il palcoscenico della sua vicenda. Crocevia di popoli, lingue e commerci, la metropoli della Siria romana era anche teatro di tensioni religiose, dibattiti e non rari episodi di violenza contro le comunità nascenti. In questo scenario, la figura di Pelagia emerge come quella di una giovane donna determinata, appartenente a un cristianesimo che stava definendo in modo nuovo la dignità femminile e la libertà della coscienza.
Santa Pelagia, il racconto
La tradizione agiografica tramanda soprattutto il tratto spirituale di Santa Pelagia: la scelta di appartenere a Cristo in modo totale, sigillata dal voto di verginità, e la resistenza alle lusinghe o alle minacce di chi, attratto dalla sua bellezza, avrebbe voluto farle abiurare la fede. Alcuni racconti la presentano di fronte a un potente di rango civile o militare, altri sottolineano la pressione sociale e religiosa in un tempo in cui rifiutare i sacrifici agli dei era considerato atto di sedizione. La narrazione concorda su un punto: Pelagia non accettò compromessi. Per la giovane antiochena, la libertà non era mera autodeterminazione, ma appartenenza a un amore più grande, capace di sostenere anche nella prova estrema.

Le versioni del martirio non sono univoche: in alcune, Pelagia viene condannata a morte per la sua professione di fede; in altre, per sfuggire a un destino di violenza e profanazione, sceglie un gesto estremo pur di custodire il suo corpo consacrato a Dio. Quale che sia il dettaglio, il nucleo teologico e umano rimane: la martire è testimone di una libertà custodita fino al sangue, secondo quel paradigma che, nella Chiesa antica, ha trovato in tante giovani donne — da Agnese ad Agata, da Lucia a Cecilia — un linguaggio limpido e incisivo.
Il nome stesso di Pelagia, dal greco pelagos, “mare”, ha suggerito nei secoli interpretazioni simboliche: un’anima che attraversa l’ampiezza delle prove, un cuore che non si lascia travolgere dalle onde del conformismo. In alcuni contesti iconografici la santa è raffigurata con la palma del martirio e i segni della verginità, talvolta con un richiamo alle acque, quasi a dire una purificazione che passa per la fedeltà nella tempesta. È importante non confondere la vergine e martire di Antiochia con un’altra Pelagia, detta “la penitente”, figura legata all’Oriente cristiano e alla conversione dall’ambiente del teatro alla vita eremitica: due tradizioni distinte, spesso ricordate nello stesso giorno, che illuminano in modo diverso la forza del Vangelo nelle vite delle donne.
La memoria di Santa Pelagia è attestata nel Martyrologium Romanum, che la ricorda a Antiochia come vergine e martire. La sobrietà del testo liturgico è eloquente: poche parole che consegnano alla preghiera della Chiesa un profilo essenziale, capace però di nutrire la pietà popolare e la riflessione spirituale. In molte comunità orientali e occidentali, la sua festa è occasione per affidare a Dio le giovani generazioni, le vocazioni femminili, quanti subiscono persecuzioni per la fede o discriminazioni per aver difeso la propria dignità.